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Per un maggiore impegno sulla sordità infantile

Prof. Marcello Negri

sordità infantileSecondo i dati del WHO (1) riguardanti il 2012, 30 milioni di persone (5,3% della popolazione mondiale) soffrono di sordità, soprattutto nell’Africa sub-sahariana, in Asia, nell’area del Pacifico. Solo il 10% dei sofferenti riceve un aiuto. Scarsa attenzione e alti costi ostacolano gli interventi in quasi tutti i Paesi. Ma la diffusione della sordità non è una novità: già nelle Storie di Erodoto si legge che gli abitanti in vicinanza delle cascate africane erano affetti da sordità; tutti ricordiamo che il grande Ludwig van Beethoven non poteva udire la propria musica; molti hanno letto il romanzo (e/o visto il film) “Anna dei miracoli” di Helen Keller.

Un importante editoriale de The Lancet

Proprio con una citazione da questa autrice – “La sordità separa le persone dalle persone” – inizia un interessante editoriale (2) comparso nel giugno scorso su The Lancet. L’editorialista commenta il recente report delle American Academies of Sciences sulla sordità, al quale rende merito in quanto in esso la disabilità viene considerata non più un problema individuale, ma un problema di sanità pubblica e di rilevanza sociale; infatti, la relazione – benché costruita per gli Stati Uniti – ha respiro mondiale per quanto attiene le strategie di contenimento da adottare. L’autore, nello stesso tempo, censura la completa assenza nel report di attenzione alla sordità infantile. Per chiarire, riporta i dati del WHO secondo i quali ben il 9% dei sordi sono bambini in età inferiore ai 15 anni; riferisce che l’incidenza della malattia è molto più alta nelle regioni a basso-medio reddito rispetto a quelle ad alto reddito; sottolinea che “non può sfuggire che la sordità in età infantile esercita un’influenza sostanzialmente negativa sullo sviluppo psichico e somatico” e che il contrasto alla malattia deve essere attuato con un impegno di gran lunga superiore a quello attualmente svolto nei diversi Paesi.

Un’innovativa analisi epidemiologica

Per rafforzare l’importanza della sordità infantile, l’editorialista fa riferimento allo studio di Ali H. Mokdad (3) che ha sottoposto ad analisi il Global burden of disease, injuries, and risk factors study 2013 (GBD 2013), cioè la valutazione del peso globale delle malattie, lesioni e fattori di rischio. Il GBD è uno strumento di lavoro prodotto annualmente dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) che vanta un numero elevato di collaboratori e di volontari che dal 1990 raccolgono i dati di 188 Paesi, riguardanti 306 malattie e lesioni, 1233 sequele, 79 fattori di rischio

Per la sua analisi, Mokdad parte da  una constatazione fondamentale: “i cambiamenti della salute nelle persone giovani hanno la potenzialità di minare la salute della popolazione futura così come lo sviluppo economico globale a meno che non si adottino tempestivamente efficaci strategie”. A tale fine ha utilizzato il metodo di determinare di quanto il peso di una malattia riportata in un anno  possa essere attribuito all’esposizione ad un rischio nel passato; e ha confrontato le sequele osservate con quelle che si sarebbero rilevate se si fosse verificato un livello di esposizione alternativo o contrario. Ampliando il confronto agli anni dal 1990 al 2013, il ricercatore ha potuto valutare per ciascuna malattia il trend della morbosità e  ottenere un punto di vista a) molto importante per suggerire miglioramenti della salute della popolazione, quanto meno valido per evitare il peggioramento degli stati morbosi, b) utile per programmare lo sviluppo economico – anche se le variazioni da Paese a Paese possono essere tali da imporre politiche settoriali.

Indicazioni strategiche

Dall’analisi del GBD 2013 la sordità si colloca al quinto posto tra le più importanti cause di anni vissuti nella disabilità, davanti a malattie come il diabete, la demenza, l’insufficienza polmonare.

Pertanto, appare evidente che è necessario affrontare con determinazione la problematica sordità infantile con indagini genetiche (il 50% delle sordità è di origine  genetica), vaccinazioni, attenzione a non usare farmaci ototossici, diagnosi precoce di malattie acute e croniche dell’orecchio e terapia tempestiva e adeguata. In pratica gioca un ruolo fondamentale la prevenzione.

Fabrizio Ottaviani (4) riferisce allarmanti dati anche per il nostro Paese: ogni anno 600-1200 neonati soffrono di ipoacusia; il 5-10% dei neonati è a rischio. Ogni anno 25.000 bambini sotto i 10 anni hanno disturbi della comunicazione per questa condizione morbosa, 7-8.000 necessitano di un sostegno.

Proprio nell’ottica della prevenzione, l’autore sottolinea che la diagnosi deve essere la più precoce possibile in quanto è determinante iniziare tempestivamente la terapia logopedica e ricorrere, se necessario, a protesi acustiche.  L’intervallo entro il quale la  diagnosi deve essere posta è costituito dai primi 6 mesi di vita, al massimo dai primi 3 anni; infatti, dopo questo limite termina la plasticità del cervello, in pratica si riducono di molto le possibilità di recupero.

Concludendo, mi piace segnalare che in almeno 8 regioni italiane viene effettuato uno screening per l’ipoacusia; in particolare, la regione Toscana vanta una rete di eccellenza: in tutti i punti nascita è funzionante uno screening fin dai primi giorni di vita.

Bibliografia

  1. WHO. Global estimates on prevalance hearing loss. Mortality and burden of diseases. WHO 2012.
  2. Editorial. Hearing loss: an important global health concern. Lancet 2016, 387, 10036, 2351.
  3. Ali H Mokdad. Global burden of diseases,injuries, and risk factors for young people’s health during 1990-2013: a systematic analysis for the Global burden of disease study 2013. Lancet 2016, 387, 10036, 2383.
  4. Fabrizio Ottaviani. Prevenzione della sordità e degli handicap associati. Quaderni del Ministero della Sanità. Luglio-agosto 2012.

 

 

 

 

 

 

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